CHE BAMBOLA

di TITTI DE SIMEIS

Ve lo ricordate il film “Io e Caterina” con il grande Alberto Sordi?
Raccontava la storia di un uomo che conviveva con un robot dalle fattezze femminili, capace di prendersi cura di lui e della casa. Bene. Pare che, al di là delle varie Alexa e affini, la convivenza con robot dalle sembianze umane sarà possibile molto presto. In Cina, infatti, è stata creata una bambina umanoide il cui destino sarà quello di prendersi cura delle persone anziane, che vivono da sole, o tenere compagnia alle coppie senza figli. La piccola, di tre – quattro anni, si chiamerebbe TongTong e sarebbe in grado di interagire con gli umani creando, addirittura, un rapporto affettivo. Sarebbe in grado di aiutare il nonno a salire le scale, prendere il telecomando alla nonna che non riesce ad alzarsi dal divano, asciugare il latte versato per fare un favore alla mamma, fare compagnia a papà mentre innaffia le piante, insomma tutto quello che farebbe una bimba in carne ed ossa. Dotata di due ‘sistemi’ cognitivi che le permettono di cambiare atteggiamento a seconda dell’umore, potrebbe apprendere le emozioni umane grazie all’intelligenza artificiale e sviluppare il suo sistema mentale fino a diventare una diciottenne.
Ma ce lo immaginiamo? Avere vicino una pupazza elettronica, vestita da bambina e con un processore capace di simulare umanità ed empatia; compensare la mancanza di un figlio con un accozzaglia di microchip dall’affetto immaginario; regalare ai nostri nonni un mostriciattolo con la voce sintetizzata e il volto di celluloide che ci alleggerisca dai sensi di colpa per essere assenti, nell’illusione, improbabile, di sostituirci in una fisicità fatta anche di una sola carezza, ma che sia vera. Ma quanto è triste?

RESPONSABILITÀ

di MASSIMO WERTMULLER

I fiori con la loro bellezza e i loro colori. I profumi della Natura. Il mare. Il bosco. Lo sguardo di un animale a quattro gambe, ma anche quello di un bambino appena nato, così gioiosamente stupito di tutto. Certe vite che chiedono solo di esistere, a differenza nostra che vogliamo sempre di più, che conquistiamo, distruggiamo, accumuliamo, che privilegiamo l’interesse del dio soldo persino a quello della nostra salute – aveva ragione Einstein: “L’uomo ha inventato la bomba atomica ma nessun topo costruirebbe una trappola per topi”- Ecco, sono tutti elementi, questi, che pare ci abbiano collocato accanto per metterci alla prova. Sono tutti soggetti che andrebbero difesi, protetti, tramandati. La presunta forza dell’essere umano, che non c’è e basterebbe un incontro a quattr’occhi con un lupo ma senza armi per verificarlo, invece di essere usata per distruggere poteva essere usata proprio con questo compito, con questo senso di responsabilità. Per le europee, ma pure ogni volta che si va a votare, in mancanza di una ideologia di riferimento che non c’è più, si potrebbe votare per chi parla di questo, per chi si preoccupa di questo …

©Massimo Wertmuller

PICCOLE STORIE DI SPORT-SARITA LA DURA

DI VITTORIO PENTIMALLI

Occhi di un azzurro spettacolare su un bel visino dai lineamenti delicati.

A vedere una foto in cui sorride potresti pensare a un carattere morbido e gentile. E invece Sara Errani tutto è meno che una morbida e gentile (beninteso, in campo). È una tosta pazzesca con una grinta e una cattiveria agonistica come poche, e oggi vale la pena spendere due parole su di lei, vediamo perché.

Sara è l’unica superstite (agonisticamente parlando) del formidabile dream team tennistico italiano al femminile che ha regalato grandi soddisfazioni agli appassionati in un arco di tempo che più o meno va dal 2009 al 2016.

Solo per chi è proprio a digiuno di questo sport, ricordo che le altre erano Francesca Schiavone, Flavia Pennetta e Roberta Vinci.

Ma mentre loro hanno ormai appeso la racchetta al chiodo da anni, Sara, che in effetti era la più giovane, gira ancora per i tornei di tutto il mondo a 37 anni.

Con la tigna di sempre e con quel suo gioco che certo non è spettacolare ma che è un concentrato di intelligenza che sopperisce ai limiti di potenza.

Delle quattro ragazze d’oro del tennis italiano di dieci anni fa, Sara è senza dubbio quella che mi è sempre piaciuta meno. Per il tipo di gioco – una terribile pallettara – e anche per gli atteggiamenti a volte spigolosi e polemici. Bisogna anche saper perdere e lei non sempre perdeva bene.

Ma detto delle cose meno positive, ora però bisogna togliersi il cappello per quello che ha fatto nei suoi anni migliori e per quello che sta facendo adesso.

Nata a Bologna nell’87, ma ravvenate di Massa Lombarda, Sara se n’è andata di casa giovanissima per inseguire il sogno di diventare una professionista della racchetta. Se n’è andata fino nella lontana Florida, solo dodicenne, senza sapere – all’epoca – una parola di inglese, nella famosa Academy di Nick Bollettieri, a imparare e a inseguire il suo sogno. E c’è riuscita benissimo.

I suoi anni migliori sono stati quelli che vanno dal 2008 al 2015. Nel 2012 è stata finalista al Roland Garros e semifinalista agli US Open e nel 2013 ha raggiunto il 5° posto nel ranking mondiale di singolo. È rimasta 94 settimane in top ten della classifica femminile, cosa non riuscita neppure a Francesca e Flavia. In quegli anni ha spesso mandato al manicomio ragazze ben più attrezzate di lei fisicamente con le sue incredibili doti difensive e una formidabile capacità di sbagliare pochissimo (e anche quello è talento).

Parallelamente, con la Vinci ha formato una coppia di doppio fantastica.

Le due piccolette insieme hanno vinto 22 tornei e vinto tutti i tornei dello Slam almeno una volta. Su quella coppia c’è il cliché di raccontare che Roberta inventava a rete e Sara faceva il muro da dietro; è vero solo in parte, in doppio Sara ha fatto vedere di avere anche lei una gran mano nel gioco di volo, cosa che non si vede quando gioca in singolo… perché in questo caso viene a rete una volta all’anno!

Il sodalizio agonistico con Roberta si è rotto improvvisamente nel 2015 per ragioni mai chiarite dalle due (qualcosa deve essere accaduto a livello personale), ma le loro vittorie restano.

Ma quello per cui vale la pena di togliersi il cappello di fronte a Errani viene dopo gli anni d’oro. Dal 2016 comincia il declino, i risultati non vengono più, sembra che la ragnatela con cui imbrigliava tenniste ben più potenti di lei, ormai sia bucata. Si accumulano sconfitte e la classifica scende inesorabilmente. Poi ci si mette anche una brutta storia di doping; viene trovata positiva ad una sostanza proibita e le ci sono voluti due anni per dimostrare l’assoluta non volontarietà dell’assunzione di quella sostanza.

In definitiva, nel 2020 Sara, ormai trentatrenne e fuori dalle prime 200 del mondo, era praticamente una ex giocatrice.

E invece no. Con una caparbietà incredibile e molta umiltà ha ricominciato dai torneini. Si è rimessa a “remare” da fondocampo per battere non più le top ten, ma ragazzette assatanate di voglia di emergere.

È passata dalle forche caudine delle qualificazioni dei tornei importanti, ha vinto e perso ma piano piano ha riscalato le classifiche e oggi è tornata tra le prime 100. Non più l’élite del tennis ma una classifica dignitosissima ricostruita con un misto di sacrificio e passione per il gioco.

Questa settimana ha giocato nel Master 1.000 di Madrid; solite battaglie infinite per sconfiggere avversarie più giovani nelle qualificazioni e poi si è regalata un primo turno con un’altra veterana, Caroline Wozniacki, vinto in rimonta sfiancando l’avversaria come le riusciva ad alti livelli 10 anni fa.

E nel frattempo ha ripreso a giocare in doppio con la nuova piccoletta tosta del nostro tennis, Jasmine Paolini, a cui dispensa un po’ della sua sagacia tattica.

Ha detto che voleva togliersi ancora qualche soddisfazione su un campo da tennis e che alla fine di quest’anno si ritirerà.

Io non ne sono così sicuro, in quasi vent’anni di carriera professionistica ha macinato centinaia di chilometri sui campi da tennis ma la sua voglia di lottare pare non finire mai.

E, cosa che non guasta, il tempo e i rovesci le hanno insegnato a sorridere di più ed essere meno spigolosa.

LA “CLASSE” NON E’ACQUA

DI IRENE GIRONI CARNEVALE

Sono riuscita a ridere e a non incazzarmi, cosa che può essere annoverata tra gli eventi più rari della storia, alle uscite di Vannacci sui disabili in classi differenziate. Ciò non significa che le sue parole non siano gravi e pericolose in una società che sta pericolosamente e velocemente facendo un percorso a ritroso verso posizioni che pensavamo di avere archiviato. Quello che mi conforta è la risposta del Presidente dell’Associazione Nazionale Presidi (ANP) Prof. Antonello Giannelli: “Il disabile in classe è una risorsa perché anche gli altri possono capire quanto è varia l’umanità. Da un punto di vista pedagogico serve a far vedere che i valori della convivenza e della solidarietà possono essere messi in atto. Favorisce la crescita e lo sviluppo da un punto di vista etico e contenutistico”. Poi aggiunge: “La separazione basata su una condizione fisica è discriminatoria. Lo dice la Costituzione, le leggi, le circolari. Nella scuola si opera l’inclusione ai massimi livelli possibili”.

Più di vent’anni fa mio figlio iniziava la scuola superiore e l’ingresso di un ragazzo autistico in una classe di liceo faceva notizia. Non è stato semplice, le istituzioni non ci hanno aiutato, ha cambiato 8 insegnanti di sostegno in 5 anni, nessuno dei quali sapeva il greco come invece stabilito dalla legge che prevede un sostegno adeguato all’indirizzo scelto, ma ho sempre avuto dalla nostra parte il Preside che ogni inizio anno mi chiamava per andare insieme ad “urlare” al Provveditorato per avere le ore di sostegno, i professori che dopo un primo periodo di smarrimento (qualcuno pensava che fossi pazza a mandare mio figlio al liceo, altri pensavano che facessi io i suoi compiti) si resero conto che Tommaso era parte della classe a tutti gli effetti e trovarono modi alternativi di studio e comunicazione, arrivando a fare in modo che avesse un vero diploma e non solo un attestato di frequenza. Ma soprattutto le compagne e i compagni di Tommaso, ragazzini come lui che non sapevano nulla di autismo e diversità, sono stati la forza immensa che ha sempre sostenuto il progetto scolastico e umano. Una volta dissi ad uno dei ragazzi che li ringraziavo perchè si rapportavano a Tommaso “come a uno di loro”. Il compagno mi guardò e mi disse: “Ma Tommaso è uno di noi!”. Ed era vero e in quella classe sono germogliati semi di inclusione e di solidarietà, amicizie che continuano ancora oggi, dopo più di vent’anni, scelte di studio in cui la presenza di una persona “diversa” ha fatto la differenza.

Capirete perché le parole inutili di un personaggio patetico oggi mi abbiano fatto ridere.

STORIE DI NON SOLO ROCK-VOGLIO PERO’RICORDARTI COM’ERI…

DI CARLO MASETTI

28 aprile: oggi è la giornata internazionale della Sicurezza e Salute sul Lavoro.

Inutile dire che si tratta di argomento fondamentale nel mondo che viviamo.

I dati statistici ufficiali (INAIL, ISTAT) ci raccontano che in Italia ci sono state nel 2022 1.090 morti bianche, nel 2023 1.041, cioè poco meno di tre per OGNI GIORNO dell’anno.

Nei primi due mesi del 2024 sono già 119, 19 in più rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente.

Come dire: un’ecatombe!

Personalmente mi arriva un brivido lungo la schiena ogni volta che i media riportano la notizia di un nuovo incidente (mortale e non) o di un nuovo infortunio (invalidante e non).

Avendo lavorato negli ultimi 15 anni della mia attività professionale nel mondo della normativa tecnica sulla sicurezza degli impianti, sistemi, apparecchiature, prodotti nei settori elettrico, elettronico e telecomunicazioni, a livello europeo ed internazionale, mi viene lo scoramento. È stato fatto tantissimo per armonizzare, uniformare, standardizzare, coordinare… regolamenti, direttive, procedure, istruzioni… di tutti i tipi, perché i comportamenti siano corretti e possibilmente uguali in tutto il mondo, eppure sembra che non sia mai abbastanza, si verifica sempre un caso imprevisto.

Ma già quelli prevedibili fanno una strage che non ha fine!

Come se non bastasse dovrei poi ricordare, ma non voglio intristirvi, gli incidenti che hanno riguardato amici e parenti che ora non ci sono più: questi ricordi sono ancora più personali e ci coinvolgono senz’altro molto da vicino. Ognuno di noi ha i suoi.

A questo punto parliamo di musica, non importa il tipo, di serenità e di benessere che vorremmo raggiungere ascoltandola: oggi però mi sembra più difficile del solito, quindi aggiungerei solo alcuni versi di due canzoni che dedico a chi ci ha lasciato mentre era al lavoro o semplicemente perché l’imponderabile ha deciso così.

1. Vasco Rossi: Gli Angeli

“Quello che si prova

Non si può spiegare qui

Hai una sorpresa

Che neanche te lo immagini

Dietro non si torna

Non si può tornare giù

Quando ormai si vola

Non si può cadere più…”

Questo brano si chiude con un assolo di chitarra da brividi della durata di circa 2 minuti e 20 secondi (nel disco): i critici musicali concordano sul fatto che, se viene ascoltato in assoluto silenzio e con la giusta concentrazione, sembra di sentire un lamento o il pianto di una persona.

2. Francesco Guccini: Canzone per un’amica-In morte di S.F.)

“…Vorrei sapere a che cosa è servito

Vivere, amare, soffrire

Spendere tutti i tuoi giorni passati

Se così presto hai dovuto partire

Se presto hai dovuto partire

Voglio però ricordarti com’eri

Pensare che ancora vivi

Voglio pensare che ancora mi ascolti

E che come allora sorridi

E che come allora sorridi.”

Questa canzone è famosa, tra le altre cose, per essere da sempre quella di apertura di ogni concerto del cantautore modenese (forse per non dimenticare la dolorosa vicenda).

Buona Domenica a tutti!

“È QUESTO IL FIORE DEL PARTIGIANO”

di TITTI DE SIMEIS

” È questo il fiore del Partigiano, morto per la libertà “

La libertà restituita, a caro prezzo, ad un Paese affondato da decenni di potere autoritario, dittatoriale, punitivo e violento. Di una violenza che fa male anche se non è fisica perchè invade l’intimo, gambizza i pensieri, li reclude, toglie la facoltà di renderli parola, azione, condivisione, cultura, scambio, crescita e bellezza. E oltraggia la dignità, il rispetto e la libertà, appunto.
La libertà: una condizione naturale. Animale. Istintiva. Indispensabile.
E, dopo decenni di regimi e di conflitti, dopo lo sconquasso umano e la fine di ogni verità, uomini e donne comuni, madri e padri di famiglia, lavoratori, operai ma anche figli della borghesia, si sono ritrovati uniti, compatti e testardi, mossi dall’urgenza di asfissiare quel potere, insano e folle. A qualunque costo, in trincee improvvisate, in notti di gelo e paura, in giorni di afa e fame ma con la mente oltre il confine, le barricate, inseguendo il diritto alla vita. Donne staffette di coraggio, materne compagne e sorelle di piatti caldi improvvisati e sostegno di animi spenti, ragazzi con in mano fucili inconsapevoli di esperienza ma determinati a non crollare. Ogni passo una conquista, ogni conquista una vittoria. Tra le montagne o nelle pianure l’Italia vedeva crescere l’attesa, la fede, l’arrivo della fine di una Storia che i figli di quei figli non avrebbero mai conosciuto. Una Storia da raccontare come ammonimento, come ricordo che insegna a non tornare indietro, a non rifare quel cammino di spavento e ferocia. Verso una promessa da mantenere, conservare, rispettare per sempre. Convinti che quel massacro sarebbe stato sufficiente a difendere la Storia futura dal pericolo di un ritorno.
Con questa certezza hanno messo il Paese nelle nostre mani e son tornati alle loro case. Quanti hanno perso la vita diventando eroi senza medaglia. E quanti sono ancora fra noi. In età con pochi domani ma provati e delusi, non dalla vecchiezza quanto dalla rabbia di rivivere e veder risorgere il buio, nell’inciampo di un solo passo falso: il pretesto di ‘rimettere ordine’, laddove l’ordine ritroverebbe il sapore infame della servitù. Sotto il giogo di un alibi abusato e terribile. Dentro nuovi bavagli. Nuove chiavi. Nuove paure. Quale senso ha avuto, si stanno chiedendo quindi, morire per la libertà? La nostra. Quella dei nostri giorni che guardiamo alternarsi tra primavere azzardate e rivalse d’inverno, incapaci di una coscienza, di un’idea, di un pensiero che sia all’altezza di un valore che abbiamo ricevuto in dono, un’eredità incalcolabile da difendere e custodire, impedendone lo spreco, l’irriverenza, la perdita, la fine. Quell’immenso squarcio di luce riflesso tra i petali di un fiore rosso.

CONSIGLIO REGIONALE SARDEGNA. PRIME TENSIONI IN MAGGIORANZA PER LE NOMINE DELLE PRESIDENZE DELLE COMMISSIONI.

di Antonella Soddu

Tensione alta tra i partiti di maggioranza in Consiglio Regionale. I malumori riguardano le presidenze delle commissioni. Lo schema elaborato dal PD e dal M5S prevede che 5 su 6 vadano in capo ai due partiti maggiori del Campo Largo e questo ha suscitato non pochi malumori nei Progressisti, Alleanza Verdi Sinistra e Orizzonte Comune. Già ieri si erano sollevate le prime voci di dissidio con il Dottor Lorenzo Cozzolino eletto con le liste del PSI e poi passato a Orizzonte comune. Il Consigliere Cozzolino ambiva alla guida della Commissione Sanità, ma la proposta dei maggiori partiti del Campo Largo prevede di assegnarla al PD. La decisione non è andata giù a Cozzolino che ai microfoni dei tg regionali ha dichiarato: “Pensavo si facessero discorsi di meritocrazia, come detto in campagna elettorale. Conosco bene la sanità pubblica avendoci lavorato per 35 anni. Non è andata cosi”. Oggi i Progressisti ( partito del Candidato Sindaco di Cagliari, Massimo Zedda ), Alleanza Verdi Sinistra e Orizzonte Comune, hanno ribadito il loro auspicio affinché la quadra trovata non sia quella definitiva e che si possa trovare un equilibrio soddisfacente per tutti prima della convocazione per l’insediamento delle Commissioni previsto nei primi giorni di Maggio. Messaggio non pervenuto in casa PD e M5S dove, fanno sapere che non sono previste eventuali modifiche. Lo conferma il Capogruppo PD Roberto Deriu – “Lo schema sarà adesso messo a verifica del Consiglio Regionale che vota e che deciderà”. Più diplomatico il Capogruppo M5S, Michele Ciusa – “siamo certi – ha dichiarato il pentastellato – che tutti sapranno essere generosi e responsabili per andare avanti”.

LA GIUNTA TODDE ANNULLA LA DELIBERA PER LA REALIZZAZIONE DI NUOVI PRESIDI OSPEDALIERI ADOTTATA A DUE GIORNI DALLE ELEZIONI DA SOLINAS.

di Antonella Soddu

Nel corso della quarta riunione della Giunta Regionale sono stati discussi e approvati numerosi provvedimenti tra cui  quello riguardante il “Piano operativo regionale Missione 6 Salute Componente 1 – Investimento 1.2: Casa come primo luogo di cura e telemedicina Sub-investimento 1.2.1 – Assistenza domiciliare. Approvazione delle Linee di indirizzo per l’erogazione delle Cure Domiciliari di Base (CDB)” e, su proposta dell’assessore dell’igiene e sanità e dell’assistenza sociale, Armando Bartolazzi, la giunta ha annullato la delibera 6/17 del 23 febbraio 2024 concernente la presa d’atto degli studi di fattibilità presentati dalle Aziende del Servizio sanitario regionale per la realizzazione di nuovi presidi ospedalieri.  Come precisato dalla stessa Presidente Todde, la decisione di annullare la delibera la delibera adottata a due giorni dalle elezioni regionali è stata presa in quanto “il provvedimento non aveva copertura finanziaria e mancava dei tempi di realizzazione. Anche in questa occasione, così come è accaduto spessissimo negli ultimi 5 anni di governo regionale, la scorsa Giunta non ha fatto alcuna programmazione e infatti si era deciso di costruire 4 nuovi ospedali senza prevedere gli effetti che ciò avrebbe avuto per gli ospedali già esistenti e per il sistema sanitario nel suo complesso”.

Noi vogliamo portare avanti un processo che possa servire ai sardi, che ridistribuisca correttamente le risorse e non solo agli ospedali esistenti (che in molti casi stanno soffrendo soprattutto per carenza di risorse e personale), ma anche per il necessario e urgente rilancio della medicina territoriale. Se ci sarà bisogno di edilizia ospedaliera non ci tireremo indietro, ma solo a seguito di una programmazione accurata. Non vogliamo costruire scatole vuote sprecando soldi pubblici e illudendo i cittadini”. di Antonella Soddu – per Avanti Online e per La Penna è Donna Blog.

Immagini della riunione della Giunta Regionale

SARDEGNA. ENTRA NEL VIVO L’ATTIVITA’ DEL CONSIGLIO REGIONALE E SCOPPIA IL CASO COZZOLINO.

di Antonella Soddu

La seconda seduta della XVII Legislatura del Consiglio Regionale della Sardegna si è caratterizzata per l’elezione degli organi di governo del Consiglio, per l’avvio dell’attività ispettiva e consultiva dei consiglieri regionali e per la presentazione delle prime proposte di legge, interrogazioni e mozioni. La giornata si è chiusa con il caso Cozzolino che ha sollevato polemiche all’interno dell’Assemblea e che sembra destinato a tenere banco nelle prossime settimane.

Il Presidente Comandini ha comunicato la costituzione dei gruppi consiliari. L’Ufficio di Presidenza ha elencato le prime proposte di legge pervenute, le interrogazioni e mozioni presentate dai consiglieri regionali appena eletti. Nel corso della seduta si è poi proceduto alla votazione per l’elezione dei due vicepresidenti del Consiglio Regionale; Giuseppe Frau ( Uniti ) e Aldo Salaris ( Riformatori ) . L’ Assemblea a poi proseguito con l’elezione dei Questori e del Segretario dell’ Ufficio di Presidenza. In tarda mattinata è esploso il caso Cozzolino, sulla scia dello schema elaborato da PD e 5 Stelle per indicare le presidenze delle 6 Commissioni permanenti del Consiglio regionale. Il Dottor Lorenzo Cozzolino è stato eletto nelle liste del Partito Socialista ed è successivamente passato nel gruppo Orizzonte Comune. Il Consigliere ambiva alla guida della Commissione Sanità, ma la proposta dei maggiori partiti del Campo Largo prevede di assegnarla al PD. La decisione non è andata giù a Cozzolino che ai microfoni dei Tg regionali ha dichiarato: “Pensavo si facessero discorsi di meritocrazia, come detto in campagna elettorale. Conosco bene la sanità pubblica avendoci lavorato per 35 anni. Non è andata cosi”.

Al via anche l’attività ispettiva e consultiva in capo ai consiglieri regionali con le prime due interrogazioni presentate dal Consigliere Regionale Gianluigi Rubiu di Alleanza Sardegna – Partito Liberale italiano e con le due mozioni presentate dai Consiglieri di Sinistra Futura Pizzuto, Canu e Casula. Con la prima Rubiu sottopone la questione riguardante le liste d’attesa per le visite mediche di invalidità e l’organizzazione delle commissioni di accertamento per gli stati di Handicap e Disabilità relative alla ASL 7 de Sulcis. In particolare rileva le criticità in cui versano le commissioni mediche legali delle ASL in Sardegna e nella fattispecie la ASL7, sottolinea le difficoltà e i disagi in cui versano i pazienti in attesa di visita medico legale e chiede quali soluzioni si intendono trovare per uniformare in tutte le ASL l’applicazione delle leggi vigenti in materia di progetti finalizzati ad abbattere le liste d’attesa e per programmare le visite mediche di commissioni fuori dall’orario di lavoro. La seconda interrogazione pone evidenza dello stato di degrado in cui versa la Strada Statale 130 “Iglesiente” che collega il Sulcis a Cagliari . Un’infrastruttura fortemente trafficata e importante per tutto il meridione regionale per il trasporto merci su gomme e automobilisti diretti o prevenienti dal Sud Ovest della Sardegna, la cui competenza è dell’ ANAS SpA che detiene la gestione delle strade statali presenti sul territorio regionale ed ha pertanto il compito e l’obbligo di garantire la sicurezza, l’integrità e la pulizia delle infrastrutture stradali. Rubiu evidenzia l’urgenza di un intervento di messa in sicurezza del tracciato e chiede l’avvio delle necessarie interlocuzioni con la società ANAS SpA. I Consiglieri Canu, Casula e Pizzuto hanno invece presentato due mozioni. Una delle due impegna la Presidente Todde e l ‘ Assessore regionale dell’igiene e sanità e dell’assistenza sociale ad aumentare lo stanziamento per adeguare il budget assegnato dalla Regione del Fondo regionale per il reddito di inclusione sociale ( istituito con legge regionale 2 agosto 2016, n. 18 ) alle nuove esigenze dei cittadini e delle cittadine della Sardegna. – di Antonella Soddu – per Avanti Online e La Penna è donna Blog.

Il Consiglio Regionale commemora Linetta Serri, per due volte consigliera regionale nella IX e nella X legislatura, recentemente scomparsa

Piero Comandini, Presidente Consiglio Regionale della Sardegna

UNA CANZONE PARTICOLARE-CHIAMAMI SIGNOR TIBBS

DI CARLO MASETTI

UNA CANZONE PARTICOLARE…

Chiamami SIGNOR TIBBS!

Agosto 1967. Alla stazione ferroviaria di Sparta, Mississippi, in una serata di gran caldo, arriva l’Ispettore della Polizia di Filadelfia, Virgil Tibbs: il suo compito è quello di aiutare lo Sceriffo locale, Bill Gillespie, a risolvere un caso di efferato omicidio. Ci sono difficoltà nella collaborazione tra i due? Beh, il primo è nero, il secondo è bianco e, in una cittadina del profondo sud degli Stati Uniti, questo fatto costituisce di per sé un bel problema. Come andrà a finire? Per saperlo dovete seguire le vicende di questo formidabile film, “La calda notte dell’Ispettore Tibbs”. Inutile dire che i due protagonisti Tibbs (Sidney Poitier) e Gillespie (Rod Steiger) sono semplicemente eccezionali.

Un brano musicale accompagna diverse scene della pellicola: si tratta di “In the heat of the night” ed è interpretato dal massimo esponente della musica soul, nientemeno che Ray Charles!

PS: mitico il dialogo che segue:

– Gillespie: “Virgil? That’s a funny name for a nigger boy that comes from Philadelphia. What do they call you up there?” (Virgil? Che nome buffo per un ragazzetto negro che viene da Filadelfia. Come ti chiamano da quelle parti?)

– Tibbs: “They call me MISTER TIBBS!” (Mi chiamano SIGNOR TIBBS!)