DI IRENE IRONI CARNEVALE
Cambiano i governi, ma non cambia la musica rispetto alla disabilità. Sono venuta a conoscenza di un DDL presentato da alcuni parlamentari in data 13 Ottobre 2022 in materia di caregiver.
Come sappiamo bene, noi che caregiver lo siamo, la disabilità è un tema che viene rispolverato ad ogni tornata elettorale per fare scena: qualche foto con un disabile, possibilmente portentosamente geniale nella sua diversità, magari qualche storia edificante che spazia dal “sacrificio materno” al miracolistico percorso grazie a luminari più o meno popolari, l’istituzione di inutili ministeri, garanti fantasma che non hanno mai risposto a richieste di caregiver e associazioni e DDL deliranti, dove si richiedono doppioni di certificazioni già ottenute attraverso visite spesso mortificanti e dopo ore di attesa in corridoi fatiscenti, senza alcun rispetto per le persone disabili e i loro accompagnatori; oppure elemosine di pochi anni contributivi a chi una pensione non l’ha maturata per assistere il familiare disabile, magari dalla nascita. Potrei stilare lunghi elenchi con nomi, date, legislature, promesse declamate, silenzi eterni, il tutto coadiuvato da un’informazione superficiale e fuorviante che chiede esplicitamente, soprattutto in occasione di giornate dedicate, storie belle e a lieto fine perché “la gente non ha voglia di deprimersi con storie tristi e drammatiche” ( sono parole di un responsabile di trasmissione televisiva).
Il DDL di cui parlo all’inizio di questo pezzo, è l’ultimo in ordine di tempo, l’ennesima bandierina per dire “abbiamo fatto qualcosa che è sempre meglio che niente”, come la legge sull’autismo di Renzi senza fondi, il che ne rende assai complicata l’applicazione soprattutto quando si parla di sostegno alle famiglie, percorsi e terapie, ausili tecnologici, etc.etc.
La lettura di questi provvedimenti dimostra chiaramente come chi si avventura nel meraviglioso mondo della disabilità non lo conosca affatto e non intenda conoscerlo. Perché basterebbe confrontarsi con le associazioni di genitori che in tutta Italia sopperiscono ai vuoti istituzionali e si prodigano per trovare spazi e modalità di intervento dove c’è il nulla. Ma attenzione: non parlo della “grandi associazioni” che hanno un posto fisso ai numerosi tavoli ministeriali e istituzionali e che, per non perdere la preziosa e prestigiosa postazione, il più delle volte tacciono o scendono a compromessi grotteschi, perché mi rifiuto di credere che un interlocutore serio non si accorga delle enormità che vengono proposte e non le faccia presente a chi le ha scritte.
Durante la pandemia che ha segnato i nostri figli disabili, oltre ai nostri disabili anziani spesso segregati senza scampo, sono state proprio le associazioni che non hanno “posti in Paradiso” a battersi per avere il permesso di poter fare uscire i ragazzi con disabilità psichica o cognitiva ai quali era non solo impossibile spiegare e far accettare la situazione emergenziale, ma impedire un minimo di routine fondamentale alla loro sopravvivenza e ad un minimo di equilibrio psichico.
E per fare questo siamo dovute comunque uscire portandoci dietro scartoffie e certificati su certificati da esibire a chi ci fermava, spesso intimandoci di tornare a casa prima di visionare la documentazione.
Sono state le associazioni a convincere le istituzioni cittadine e regionali che un disabile non collaborante, non verbale e ad alto carico assistenziale aveva diritto ad andare in ospedale, per qualunque prestazione, ricovero compreso, con il caregiver per motivi anche di sicurezza personale, e a far raccogliere questo provvedimento anche all’interno di un DPCM del governo.
Sono state le associazioni a mobilitarsi per cercare e trovare farmaci introvabili e salvavita e a distribuirli alle famiglie dei pazienti disabili, dopo che la Protezione Civile aveva risposto che non era loro competenza il reperimento di farmaci.
E sono le associazioni, le famiglie, chi condivide ora per ora una vita complessa, spesso convulsa, scandita da ritmi fuori da ogni schema, attraverso gli anni che passano per tutti, anche per i caregiver che non hanno NULLA, nessuna tutela, nessun piano di cura se si ammalano, nessun sollievo, nessuna possibilità di un sostegno organizzato, con servizi funzionanti e prospettive per il futuro del loro familiare disabile.
E’ sicuramente non casuale che questo nuovo focus sulla disabilità si riaccenda all’indomani della condanna dell’ONU all’Italia per il mancato riconoscimento del caregiver. Ma non saranno quattro articoli grotteschi e insufficienti all’interno di un DDL a cambiare le cose.
Cari signori parlamentari, di qualsiasi partito, movimento, idea politica: la disabilità è un problema di tutti, non ha colore, sesso, ideologia e può toccare chiunque in qualunque momento, sappiatelo.
Perciò, invece di sfornare a scadenze più o meno fisse DDL e provvedimenti impresentabili che testimoniano la vostra cronica insipienza, fatevi un bagno di umiltà e confrontatevi con chi ogni giorno combatte per la dignità propria e delle persone disabili di cui si occupa, il più delle volte rinunciando ad una vita, un lavoro, una pensione, svaghi e rapporti sociali.
Vi garantisco che avreste molto da imparare.
Se copiate e incollate il link nel browser, potete leggere il PDF del DDL
file:///C:/Users/%C3%B9%C3%B9/Desktop/Caregiver%20leg.19.pdl.camera.307.19PDL0005720.pdf
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