di BEBO MORONI
Ieri sera puntata straordinaria di “Insider” (Rai Tre): Roberto Saviano fa una lunga intervista a Piera Aiello, testimone di mafia, pupilla di Paolo Borsellino, cognata della povera Rita Atria, che la segui’ nella sua ribellione alle potenti famiglie partannesi. Piera era una ragazza, molto giovane, molto bella, che s’innamorò di un ragazzo molto giovane, molto bello, Nicola Atria, figlio del boss Vito. Piera sapeva poco di mafia e famiglie, ma capiva che c’erano profonde ingiustizie che si compivano sotto gli occhi semichiusi dei partannesi. Capi’ che il suocero era un padre padrone arrogante e violento e che il marito, pur non essendo organico alla mafia, figlio di quel padre e di quella cultura di illegalità e sopraffazione, si stava mettendo in impicci seri. Tento’ di salvargli la vita e di preservare quella della loro figlioletta. Inutilmente: Nicola venne ammazzato da un killer da 500.000 lire “a botta”. Piera voleva essere soltanto una donna normale, una madre, una lavoratrice. Piera con quel coraggio da leonessa, il coraggio delle donne, che dai tempi di Aristofane, fanno le rivoluzioni, inizio’ a parlare, e non smise più. Seguita in breve dalla cugina Rita Atria, una ragazzina bellissima e coraggiosa. Della povera Rita ho detto. Ma siccome le vite di Piera e Rita furono strettissima connesse, va ribadito che il suicidio della Atria fu un suicidio di solitudine, nonostante un nuovo amore, nonostante l’attaccamento a Piera e alla nipotina. Per lei orfana per forza, la morte prima di Falcone e poi di Borsellino che più d’ogni altro le era stato vicino, significarono la fine della speranza di un’emancipazione dalla paura e dal mondo oscuro e arcaico della sopraffazione. Non ci fu un funerale di Rita. Il prete si rifiuto’ di dirle messa e persino di benedire la bara. O meglio fu costretto a benedirla dalle “Donne dei Lenzuoli Bianchi”, che come le Madri di Plaza de Mayo, per lunghi anni, con la loro costante e infaticabile testimonianza, tennero sotto scacco la mafia. Furono le Donne dei Lenzuoli Bianchi a prendere di forza la bara di Rita, a caricarsela sulle spalle e a costringere il prete connivente a benedirla. E quando questi osò scagliarsi contro il “gesto insano” di Rita e la sua insolenza nell’aver messo in piazza i panni luridi della mafia, si voltarono di spalle in un gesto semplice e istintivo, ben più potente di un colpo di lupara. Piera continuò la sua infaticabile testimonianza. Oltre trent’anni sotto scorta, rinunzio’ al vitalizio dello Stato, andò a lavorare nei campi la mattina e a ricamare la notte, continuando a ribadire la sua indipendenza e la sua insopprimibile voglia di “normalità”. Ha cambiato tre nomi, fino a rimpadronirsi del suo nel 2018, quando venne candidata alla Camera dei Deputati. Una campagna elettorale senza foto e senza comizi, che Piera continua a fare una gran paura alle mafie. E’ stata eletta con un suffragio travolgente. Lo scorso anno ha coronato il sogno suo e dello “zio Paolo” (Borsellino), si è laureata in scienze politiche. Un anno fa la BBC l’ha inserita nell’elenco delle 100 donne più influenti al mondo. Sono orgoglioso di esserle amico e di essere stato in qualche modo suo “consigliere-collaboratore” negli ultimi due anni e mezzo, collaborazione che si è un po’ allentata solo per le mie precarie condizioni di salute, ma ammirazione e amicizia restano di ferro. Piera deve sapere che su di me potrà contare sempre. In quel misterioso intreccio di destini che e’ la vita, la mamma del mio Paolino, Giusi Cataldo, eccellente attrice palermitana e donna anti mafia della prima ora, interpretò proprio Piera nel bel film di Vittorio Nevano “Non Parlo Più” dedicato alla vicenda di Rita e Piera. Alla fine le rivoluzioni le fanno sempre le donne. Nel finale della lunga intervista che, se non l’avete fatto, vi prego di guardare su RaiPlay, Saviano chiede a Piera: “Ci torni mai a Partanna”? E Piera Risponde: “Si, a salutare gli amici, vado al cimitero. E porto tre rose: una la metto a mia madre, una a Rita e una a Nicola. Gliela metto e gli dico: non te la meriti ma io te la porto lo stesso”
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